ARTICOLO SCIENTIFICO

Sappiamo quel che mangiamo?

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Il problema delle sofisticazioni alimentari inizia con la storia del commercio e si ripete da secoli. Delle frodi alimentari si trovano denunce nella Bibbia e, nella sua Storia naturale del I ° sec. d.C. , Plinio il vecchio spiega bene come i commercianti adulterassero alimenti, droghe e spezie, soprattutto quelli che arrivavano a Roma da paesi lontani, e indica vari metodi per svelare le frodi.

Ma è con la Rivoluzione industriale della seconda metà dell’800 che il fenomeno raggiunge il suo apice. In quel periodo le frodi erano molto diffuse e per questo il chimico Friedrich Accum ¹ scrisse il celebre libro sull’adulterazione dei cibi “La morte in pentola”. Un quadro desolante del commercio all’ingrosso degli alimenti, nella capitale francese, fu descritto nel 1873 dal romanzo-documento di Emile Zola ² , “Il ventre di Parigi”. Nel 1898 lo scandalo delle scatolette di carne avariata distribuite al corpo di spedizione statunitense durante la guerra di Cuba spinse il giornalista Upton Sinclair ³ a svolgere un’indagine sull’industria della macellazione e delle carni.

Esempi di sofisticazioni alimentari si riscontrano anche nelle due guerre mondiali per la scarsità di cibo: il latte downloadveniva diluito con acqua e la farina per il pane veniva mescolata con gesso, con conseguenze negative sulle qualità nutritive degli alimenti e sulla loro digeribilità. Negli anni ’50 alcuni esempi riguardano l’olio d’oliva (sofisticato con olio di tè o olio sintetico),  il vino (addizionato con zuccheri vari per aumentare il tasso alcolico) e la pasta (prodotta con farina di grano tenero con aggiunta di colla di pesce per la tenuta in fase di cottura). Negli anni ’80 scoppiò lo scandalo del vino al metanolo, con molte persone intossicate ed alcuni decessi;  successivamente si scoprì che in alcuni allevamenti di bovini si utilizzavano degli anabolizzanti con ripercussioni gravi sul settore della carne; nel 2009 circa 53.000 bambini cinesi si sono intossicati bevendo del latte contraffatto con la melanina.

In alcuni casi è difficile scovare le frodi alimentari, come nel caso dell’ olio d’oliva, infatti  – dice la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione –  la maggior parte delle frodi relative all’olio d’oliva si sono scoperte per caso, nel corso di banali verifiche fiscali, ossia di verifiche amministrative e non penali. Le contraffazioni di questo alimento, per come si sono progressivamente perfezionate negli anni, non sono quasi mai rilevabili, e quindi sono raramente processualmente dimostrabili a livello organolettico con le analisi ufficiali.  Le miscelazioni illecite sono gestite attraverso software molto sofisticati, all’interno dei laboratori chimici aziendali, con la tecnica della media ponderata –  un metodo per perfezionare il livello dei valori analitici delle singole componenti –  per cui non serve a nulla analizzare o assaggiare l’olio. Il prodotto venduto è una miscela di oli composta da varie sottopartite. Alcune di queste possono essere composte da quantità di materiale che non è edibile come tale,  ma la media finale risulta essere sempre in linea con i valori previsti dalla normativa comunitaria. Alcuni centri di ricerca hanno però approntato un sistema di rilevamento del DNA di oli chiamato RNM, ossia risonanza magnetica nucleare che, senza approssimazione, attesterebbe la specifica qualità e origine dell’olio analizzato. L’Italia con questo brevetto si prende una piccola rivincita sui recenti sberleffi del New York Times che ha pubblicato 15 vignette in cui si sottolinea come la maggior parte degli olî italiani siano in realtà sofisticati e provenienti da paesi stranieri e poi semplicemente imbottigliati nel nostro paese e spacciati per nostri.

In conclusione: ricordiamoci di controllare sempre la provenienza dei prodotti alimentari e di non fidarci dei prodotti troppo economici.

Ma se la produzione di alimenti contraffatti causa danni alla salute dei sofisticazioni_alimentariconsumatori perché le aziende continuano a produrli? La vendita di alimenti contraffatti procura spesso all’azienda un guadagno maggiore di quello derivato dai prodotti sani e naturali. Un litro di olio extravergine deve costare al pubblico almeno 9 o 10 euro, se certificato territorialmente. Nonostante ciò i margini di guadagno sono minimi e spesso vengono coperte solo le spese. Mentre invece chi “lavora” con costi e profitti della contraffazione, immettendo nel proprio prodotto solo un decimo di extravergine, allungando il tutto anche con coloranti e miscugli di vario genere, riesce a incassare almeno sei/sette volte di più.

Un esempio concreto si trova nel mondo dei produttori di olio, dove le regole non valgono sempre per tutti e dove il malaffare di pochi rischia di mettere a repentaglio il buon nome e la qualità complessiva del made in Italy. Infatti Vito Rosato, Presidente del Frantoio Sociale Cooperativo di Locorotondo, dice che una semplice bottiglia, con etichetta e tappo antifrode gli costa oltre un euro. “Quindi in quella bottiglia che vendo a 9/10 euro già ho un decimo di spese che riguardano il materiale di confezionamento a cui va sommato il prodotto in sé”

Il progresso però aumenta anche la sete di potere, l’avidità e l’egoismo e comporta guerre scatenate per l’accaparramento delle materie prime, colonizzazione di intere popolazioni che vengono sterminate, sfruttamento di lavoratori ed operai considerati macchine da lavoro, distruzione di boschi, laghi, fiumi, mari e monti inquinati dalle industrie. Tutto questo nel nome del progresso, una parola che dà un senso di utilità, ma allo stesso tempo di distruzione.

 

 

 

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