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                           LEGAMBIENTE- PROBLEMA DELL’ ACQUA                          

Inquinamento Idrico

L’inquinamento idrico è la contaminazione dei mari e delle acque interne superficiali (fiumi e laghi) e di falda. Ne sono i principali responsabili la mancata o inadeguata depurazione delle acque reflue civili (le fogne, che riversano nei fiumi e nel mare materiali organici, batteri e composti contenenti fosforo e azoto), i rifiuti delle attività industriali (inquinamento chimico) e quelle agricole (fertilizzanti e pesticidi, che la pioggia trasporta dai campi alle falde e ai fiumi). Lo sfruttamento disordinato del territorio, e soprattutto delle sponde di laghi e fiumi e delle coste, sta mettendo negli ultimi decenni a dura prova gli habitat acquatici italiani.

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Gli  indicatori per la valutazione della qualità delle acque ci restituiscono un quadro molto preoccupante. Lo stato di salute dei fiumi italiani è in molti casi critico: un campione su cinque ha una qualità scarsa o pessima. Un quarto delle acque sotterranee ha qualità scadente, per cause antropiche.

QUALI SONO LE PRINCIPALI SOSTANZE CHE CONTAMINANO L’ ACQUA?

Tra i principali contaminanti troviamo i nitrati, sostanze presenti nei fertilizzanti. È ancora l’eccessivo uso di fertilizzanti la causa della frequente eutrofizzazione dei laghi: la crescita smodata della flora acquatica che stravolge l’equilibrio naturale degli specchi d’acqua. Quanto ai mari, oltre alle sostanze portate dai fiumi, l’inquinamento è dovuto prevalentemente al petrolio e ai suoi derivati, che in grandi quantità viaggiano per nave. Incidenti, scarichi, pulizia di cisterne in mare aperto portano nel Mediterraneo, ad esempio, 100-150 mila tonnellate di idrocarburi ogni anno: nel nostro mare è presente la quantità di catrame pelagico media più alta del mondo, dieci volte quella dei mari del Giappone, 50 volte quella Golfo del Messico.

                                     

  Risorse Idriche

La disponibilità di acqua è più che sufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione mondiale. Nei fatti, i cambiamenti climatici e gli elevati livelli di inquinamento ambientale associati alla crescita demografica e dei consumi stanno provocando un assottigliamento delle risorse idriche disponibili. Si stima che nei prossimi 40 anni il mondo dovrà sopportare la crescita dei fenomeni di desertificazione, l’abbassamento delle falde, l’aumento di stress idrici nei principali bacini europei (dove vive il 41% della popolazione mondiale), la mancanza d’acqua per ben 3,2 miliardi di persone. L’uso agricolo impatta notevolmente sulle riserve idriche, perché appena un terzo delle quantità prelevate rientra nel ciclo dell’acqua. Gli altri grandi utilizzatori sono il settore industriale e quello civile. Attualmente i continenti con maggiori risorse idriche in rapporto alla popolazione sono il Sud America e l’Oceania, dove la disponibilità d’acqua dolce per persona è compresa tra 10.000 e 50.000 metri cubi l’anno. L’Italia è il paese più ricco dell’Europa meridionale ma nonostante l’elevata disponibilità naturale, e la buona qualità delle sue risorse idriche, l’Italia è uno dei più importanti consumatori mondiali di acqua in bottiglia, circa 200 litri all’ anno a testa, un primato dagli alti costi ambientali ed economici.

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       Diritto all’ acqua

Essendo un bene vitale, l’acqua dovrebbe essere trattata diversamente rispetto agli altri prodotti del libero mercato. Secondo l’ ONU, “gli Stati nazionali dovrebbero dare priorità all’uso personale e domestico dell’acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questa quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità e accessibile economicamente a tutti”.

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PERCHE’ L’ ACQUA NON E’ DISPONIBILE PER TUTTI?

A livello internazionale la gestione pubblica del servizio idrico ha spesso incontrato difficoltà, dovute alla mancanza di investimenti. Molti paesi hanno così affidato la gestione a grandi società private e finanziato gli investimenti con consistenti aumenti delle tariffe che hanno determinato una forte conflittualità, fino a sfociare in vere e proprie rivolte. La trasformazione dell’acqua in merce è la strategia perseguita da organismi come l’Organizzazione mondiale del commercio, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. Queste organizzazioni legano la concessione di prestiti alla privatizzazione dei servizi, fra cui, appunto, la fornitura d’acqua. Senza considerare che la privatizzazione del servizio equivale alla privatizzazione del bene, come dimostrano situazioni paradossali: il Brasile, che da solo custodisce circa l’ 11% dell’intero patrimonio di acqua dolce del pianeta, ha 45 milioni di persone senza accesso all’acqua potabile. In Italia, con la riforma dei servizi pubblici locali, si è deciso di rendere obbligatoria la privatizzazione del servizio idrico: si mercifica un bene comune il cui utilizzo deve rispondere ad assoluti criteri di utilità pubblica. Una scelta che va in direzione totalmente opposta al carattere extra-mercatorio del bene acqua che, pur restando oggetto di contratti commerciali non dovrebbe essere sottoposto alle stesse regole di mercato di altri beni di consumo. Inoltre, proseguendo su questa strada, entro i prossimi quindici anni il 65% di tutti i servizi idrici dell’Europa e dell’America del nord sarebbero in mano a sole tre multinazionali dell’acqua, due francesi e una tedesca.

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